Chi non rimborsa entro i termini (o affatto) un finanziamento o un prestito finisce nel registro dei “cattivi pagatori”. Il più conosciuto è certamente il CRIF. Per quanto tempo i dati rimangono ivi conservati è disciplinato dal Codice di deontologia e buona condotta:

a) Morosità di due rate o di due mesi poi sanate: i dati non possono essere conservati oltre i 12 mesi dalla regolarizzione della posizione debitoria;

b) Ritardi superiori a due rate o due mesi sanati successivamente anche su transazione: non oltre i 24 mesi dalla regolarizzazione della posizione debitoria;

c) Eventi negativi (ossia morosità, gravi inadempimenti, sofferenze) non sanati: non oltre i 36 mesi dalla data di scadenza contrattuale del rapporto o dalla data in cui è risultato necessario l'ultimo aggiornamento . Quest'ultima disposizione dà (comprensibilmente) adito a qualche incertezza; il Garante per la protezione dei dati personali cerca ora di fare chiarezza. Egli scrive: “Appare congruo ritenere che il termine massimo di conservazione dei dati relativi a inadempimenti non successivamente regolarizzati non possa comunque mai superare i cinque anni dalla data di scadenza del rapporto, quale risulta dal contratto di finanziamento. Ciò corrisponde alla necessità di non rendere aleatorio e indefinito il termine finale di conservazione dei dati”.

In caso di dubbi o problemi può essere d’aiuto un’organizzazione dei consumatori.